COSA VEDERE A PALERMO?

Itinerario provincia di Palermo: Palermo è il capoluogo della Sicilia, sede dell’assemblea regionale siciliana e quinto comune d’Italia per popolazione.

Itinerari a Palermo

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1) Cattedrale di Palermo

La Cattedrale della Santa Vergine Maria Assunta, o semplicemente Cattedrale di Palermo, è il principale luogo di culto della città di Palermo! Dal 3 luglio 2015 fa parte del sito seriale UNESCO: Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale! La patrona principale della città è Santa Rosalia a cui è dedicata la Cappella sul lato meridionale. L’arca reliquiaria argentea della Patrona, realizzata tra 1631 e il 1637 è uno straordinario capolavoro delle arti decorative, massima espressione del barocco Siciliano, raffinatissimo lavoro di abili mani palermitane e monumento processionale. L’interno della Basilica è a croce latina con tre navate divise da pilastri con statue di santi. L’esterno della Cattedrale offre oltre alla facciata principale, tre prospetti di rara bellezza. I quattro campanili angolari sorgono secondo i canoni architettonici di stile normanno-gotico. Nella Sacrestia è esposto il “tesoro della cattedrale”: paramenti sacri dal XVI al XVIII secolo, stoffe, calici, la tiara d’oro di Costanza d’Aragona, splendido esempio di gioielleria medievale con smalti, ricami, gemme e perle. Le scale a chiocciola permettono l’accesso alle terrazze: la visita agli ambienti superiori esterni consente una visione completa dello skyline cittadino! La cripta contiene sarcofagi di epoche diverse!

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2) Piazza Pretoria e i 4 Canti

Piazza Pretoria, o piazza della Vergogna, si trova a pochi metri dai Quattro Canti, centro esatto della città storica di Palermo. Al centro della piazza è collocata la fontana Pretoria opera di Francesco Camilliani realizzata nel 1554. Tre lati della piazza sono chiusi da edifici: il palazzo Pretorio, sede del comune, la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria e due palazzi baronali: palazzo Bonocore e palazzo Bordonaro. Quattro Canti è il nome della piazza ottagonale all’incrocio dei due principali assi viari di Palermo: la via Maqueda e il Cassaro. L’architettura della piazza è molto semplice, rappresenta un perfetto ottagono formato da quattro edifici alternati da sbocchi viari.

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3) Teatro Massimo

Il Teatro Massimo Vittorio Emanuele, noto semplicemente come Teatro Massimo di Palermo è il più grande edificio teatrale lirico d’Italia, tra i più grandi d’Europa. Sale, gallerie e scale monumentali formano un complesso architettonico di enormi proporzioni. Di gusto neoclassico-eclettico, sorge sulla chiesa delle Stimmate e del monastero di San Giuliano, che vennero demoliti alla fine dell’Ottocento per fare spazio alla grandiosa costruzione. Sul frontone della facciata si può leggere il motto “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. Nella sala pompeiana, si può constatare un effetto di risonanza particolarissimo, appositamente ottenuto dall’architetto tramite una leggera asimmetria della sala, tale per cui chi si trova al centro esatto della sala ha la percezione di udire la propria voce amplificata a dismisura, mentre nel resto dell’ambiente la risonanza è enorme e tale per cui risulta impossibile comprendere dall’esterno della rotonda quanto viene detto al suo interno.

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4) Mondello

Mondello è una frazione marinara e località turistica di Palermo, sorge attorno ad una baia racchiusa tra il Monte Pellegrino e il Monte Gallo ed è distaccata dal centro cittadino per mezzo del Parco della Favorita. La spiaggia è considerata la più celebre del capoluogo e uno dei litorali siciliani maggiormente ambiti sul panorama nazionale e internazionale. È inoltre una delle capitali dell’Art Nouveau in Italia e nel Mediterraneo, grazie alle ville private in stile Liberty costruite nel corso del Novecento. Il litorale di Mondello è caratterizzato da una sabbia fine e morbida di natura organica, di colore chiaro, costellato da minuscole conchiglie frammentate, infatti, la spiaggia nasce dalla decomposizione dei molti molluschi che vivono nella foresta di posidonia al centro del golfo. Tra le costruzioni in stile Liberty più iconiche vi è l’Antico Stabilimento Balneare una delle opere architettoniche in stile Art Nouveau più belle d’Europa!

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5) Cefalù e la Rocca

Cefalù è uno dei Borghi di Mare più famosi della Sicilia, situato sulla costa siciliana settentrionale, a circa 70 km da Palermo, rappresenta uno dei maggiori centri balneari di tutta la regione; nonostante le sue dimensioni, ogni anno attrae un enorme flusso di turisti locali, nazionali ed esteri che, nel periodo estivo, arrivano a triplicare la popolazione! La cittadina, che fa parte del Parco delle Madonie, è inclusa nel club de I borghi più belli d’Italia, ed il suo duomo è stato inserito nel sito UNESCO della Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale. La cittadina, nel suo nucleo medioevale, è ubicata sotto la rocca di Cefalù che la domina e insieme al Duomo ne caratterizza il profilo tanto riconoscibile. Secondo la leggenda, il duomo di Cefalù sarebbe sorto in seguito al voto fatto al Santissimo Salvatore da Ruggero II, scampato ad una tempesta e approdato sulle spiagge della cittadina. La vera motivazione sembra piuttosto di natura politico-militare, dato il suo carattere di fortezza. In via Vittorio Emanuele si trova il lavatoio pubblico conosciuto come Lavatoio medioevale che presenta una scalinata in pietra lavica che conduce ad una serie di vasche che si colmano con le acque che scorrono da ventidue bocche di ghisa. Nel museo Mandralisca sono conservati dipinti quattrocenteschi e altri reperti archeologici, oltre al celeberrimo Ritratto d’ignoto marinaio, dipinto di Antonello da Messina.

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6) Riserva di Isola delle Femmine

La riserva naturale orientata Isola delle Femmine è un’area naturale protetta che si trova sull’omonimo isolotto situato a circa trecento metri dalla costa prospiciente il comune di Isola delle Femmine. E’ nata per tutelare il patrimonio floristico locale e per favorire la sosta delle specie faunistiche che si soffermano sull’isola nei loro movimenti migratori. I fondali, presentano diversi reperti archeologici di età romana e greca. La limpidezza delle acque consente una visione eccellente ai sub che si immergono per godere delle bellezze naturali dei fondali dell’isola.

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7) Monreale

Monreale fa parte del sito UNESCO della Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, con il quale forma un unico agglomerato urbano. La città di Monreale nacque con i Normanni nel XII secolo, la sua costruzione più rappresentativa è il Duomo, dallo stile composito, poiché unisce gusti differenti che rimandano all’architettura dell’Europa del Nord e all’arte araba. Le due torri massicce e solenni, fiancheggianti il portico d’ingresso non conservano la forma originale. L’interno, illuminato dai magnifici mosaici rilucenti d’oro, è a croce latina, con le navate divise da colonne sormontate da una sequenza d’archi ogivali.

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8) Palazzo dei Normanni

Il Palazzo dei Normanni, noto anche come Palazzo Reale, si trova a Palermo ed è attualmente sede dell’Assemblea regionale siciliana. Il palazzo è la più antica residenza reale d’Europa, dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale con Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Fa parte del Patrimonio dell’umanità UNESCO nell’ambito del sito seriale “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale”. Esternamente l’edificio è formato da molteplici stili che si fondono sui diversi ordini e sulle numerose sfaccettature delle varie prospettive. Al secondo livello del Loggiato di Cortile Maqueda è permesso l’accesso al Piano Parlamentare che, attraverso il Corridoio Mattarella, consente il percorso fra gli ambienti degli appartamenti reali. Con accesso dalla loggia del primo livello del Cortile Maqueda, si presenta la Cappella Palatina, basilica a tre navate dedicata ai Santi Pietro e Paolo.

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9) Piano Battaglia

Piano Battaglia è una frazione del comune di Petralia Sottana, località di villeggiatura e di sport invernali. Si trova nel cuore del massiccio delle Madonie, tra il complesso montuoso di Pizzo Carbonara e Monte Mufara, in un contesto paesaggistico e ambientale di alto valore. Con la costruzione di un impianto a fune alla base della Mufara negli anni sessanta e poi di due skilift sulla Mufara, Piano Battaglia diventa l’unica stazione sciistica della Sicilia occidentale. Piano Battaglia è sede di una splendida faggeta e rappresenta il punto di partenza per innumerevoli escursioni da compiere sulle alte Madonie. Piano Battaglia è sede di un interessante sentiero geologico che offre la possibilità di osservare spettacolari formazioni coralline fossili del Mesozoico, appartenenti al dominio della Piattaforma Carbonatica Panoramide. Incastrato fra le montagne di Piano Battaglia, sorge il laghetto di Mandria del Conte luogo perfetto per passeggiate in montagna a contatto con la natura.

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10) Riserva Naturale Bosco della Ficuzza

La riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza è un’area naturale protetta situata nel comune di Corleone, è un’area ricca di corsi d’acqua a carattere torrentizio, che formano diversi laghetti naturali, i cosiddetti “gorghi”. Il gorgo è uno stagno, solitamente temporaneo, con invaso invernale e primaverile e fase secca estiva. I gorghi naturali o seminaturali più conosciuti del Bosco della Ficuzza sono due: il Gorgo Lungo ed il Gorgo Tondo, quest’ultimo noto anche come Gorgo del Drago di Godrano. Il Gorgo del Drago è distante da Gorgo Lungo qualche centinaio di metri, un tempo era ampio, anche se sempre poco profondo, e quasi permanente. Fu trasformato, all’inizio dell’800 in laghetto per l’allevamento del pesce per il divertimento del re Ferdinando III di Sicilia. Il paesaggio è suggestivo: il gorgo è incassato in una conca boscosa e vi si accede attraversando una piccola valle particolarmente umida e ospita la tartaruga palustre. La riserva ospita l’80% delle specie animali, tra uccelli e fauna selvatica, dell’intera regione.

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11) Santa Flavia e Capo Zafferano

Santa Flavia è una località balneare che si affaccia su uno dei golfi più belli della Sicilia. Santa Flavia è conosciuta per Sant’Elia un più piccolo e romantico borgo marinaro siciliano. A rendere il paesaggio ancora più suggestivo è una casetta bianca circondata dal mare, con il classico tetto a spiovente. Nel borgo, in un’insenatura fra le rocce, sorge un’incantevole caletta. Nel comune di Santa Flavia ricade anche la zona di Capo Zafferano, un piccolo promontorio che si protende nel Mar Tirreno, da esso, procedendo verso occidente, inizia il Golfo di Palermo sul quale si affaccia la Conca d’Oro. All’estremità del promontorio è presente un faro attivo che fu presidio militare durante le due guerre mondiali. Il sentiero che conduce al promontorio consente di apprezzare la montagna a strapiombo sul mare e stare in compagnia di numerosi gabbiani. Nella zona di Capo Zafferano, si trova la spiaggia del Lido del Carabiniere: una spiaggia attrezzata privata al quale si può accedere solo tramite un modico pagamento.

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12) Riserva di Capo Gallo e Semaforo dell’Eremita

La riserva naturale orientata Capo Gallo è un’area naturale protetta, situata nel comune di Palermo, il suo territorio, la cui estensione è di circa 586 ettari, è caratterizzato da un’eterogeneità di habitat e dalla presenza di numerose specie endemiche, ragione per cui è compreso nell’elenco dei siti di importanza comunitaria. Nell’area della riserva ricadono diverse grotte di notevole interesse archeologico per le testimonianze di antiche civiltà rinvenute al loro interno. Il Monte Gallo termina in un promontorio, denominato Capo Gallo, sul quale è situato un faro che ne segnala la posizione. Il promontorio si trova nella zona nord-occidentale di Palermo e separa i due golfi di Mondello e Sferracavallo, che ospitano gli omonimi quartieri marinari della città. Il lato costiero della Riserva di Capo Gallo si estende verso ovest fino a Punta Barcarello e, data la natura carsica delle rocce, il mare le ha modellate nelle forme più bizzarre, formando una serie di grotte affascinanti, come la Grotta dell’olio. Nell’antichità queste grotte furono abitate dall’uomo e in talune di esse sono stati rinvenuti graffiti preistorici ed altri reperti archeologici di notevole importanza. In cima alla Riserva Naturale di Capo Gallo sorge il semaforo dell’Eremita costruzione di origine borbonica abitato da un uomo di nome Nino, detto Isravele, che ha deciso di condurre una vita da eremita.

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13) Mercato di Ballarò

Cuore antico e sempre vivo di Palermo, il mercato di Ballarò si snoda dall’area di Piazza Casa Professa fino ai bastioni di corso Tukory, spingendosi verso Porta Sant’Agata. È il più antico mercato della città, ed è ancora oggi uno dei luoghi più frequentati e popolari, animato quotidianamente dalle celebri abbanniate: i richiami forti e cantilenanti dei venditori che, con il loro inconfondibile accento palermitano, promuovono la freschezza e la bontà delle loro merci. Un dedalo di bancarelle affollate, cassette di legno colme di frutta e verdura coloratissima, profumi intensi di spezie, pesce appena pescato, carni e ortaggi provenienti dalle campagne circostanti: questo è Ballarò, un universo brulicante di voci e sapori che da secoli accompagna la vita quotidiana della città. Qui, oltre ai prodotti freschi, si trovano anche articoli domestici e, soprattutto, le specialità dello street food palermitano: panelle e crocchè fumanti, cipolle arrostite, polpo bollito, quarume, il celebre panino con la meusa e tante altre delizie popolari che fanno di ogni sosta al mercato un’autentica esperienza gastronomica. Le origini del nome Ballarò si intrecciano con leggende e ipotesi diverse: secondo alcuni deriverebbe da Bahlara, villaggio presso Monreale da cui giungevano i mercanti arabi; per altri dal nome del re indiano Vallaraya o, ancora, da espressioni arabe che significano “mercato degli specchi” o “luogo della fiera”. Non manca, infine, chi lo collega alla famiglia Ballarò, che nel XV secolo riscuoteva tributi sulle merci vendute, o a un capitano al servizio di Ferdinando II d’Aragona. Qualunque sia l’origine del suo nome, Ballarò resta il cuore pulsante dell’Albergheria e un emblema della Palermo più autentica. Non è soltanto un mercato, ma un viaggio sensoriale nella storia della città, un luogo dove la tradizione araba, normanna e spagnola si fonde nei colori e nei profumi della vita quotidiana, offrendo al visitatore uno spaccato vero e vibrante dell’anima siciliana.

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14) Mercato della Vucciria

La Vucciria è uno dei mercati storici più celebri di Palermo, insieme a Ballarò, Il Capo, i Lattarini e il Mercato delle Pulci. Sorge nel cuore del mandamento Castellammare, tra via Roma, la Cala e il Cassaro, e si snoda lungo via Cassari, piazza Caracciolo, piazza del Garraffello e via Maccheronai. Il suo nome deriva dal termine francese boucherie, macelleria, che a Palermo si trasformò in bucceria e poi in vuccirìa, parola che nel dialetto palermitano significa “confusione”. E davvero la confusione – quella dei suoni, dei colori e dei profumi – è da sempre l’anima di questo mercato. Nato come luogo destinato al macello e alla vendita delle carni, si trasformò nel tempo in un grande mercato di pesce, frutta e verdura, diventando il centro più importante della Palermo antica, tanto da essere chiamato la “Bucciria grande”. La storia della Vucciria si intreccia con le vicende della città. Già in epoca araba e normanna l’area, vicina all’approdo della Cala, era frequentata da mercanti genovesi, pisani, veneziani e amalfitani. Nel 1783, il viceré Caracciolo ne volle ridefinire l’assetto, trasformando piazza Caracciolo nel cuore del mercato: vi fece costruire portici che ospitavano i banchi di vendita e una fontana con quattro leoncini, attorno a un piccolo obelisco. Col tempo, l’impianto originario si è trasformato, soprattutto con l’apertura di via Roma, ma la piazza resta ancora oggi simbolo della Vucciria. Passeggiare tra i suoi vicoli significa immergersi in un mondo brulicante di voci e di vita: le abbanniate dei venditori, i banchi colmi di pesce fresco, carni, verdure e spezie profumatissime, le tipiche balate di marmo su cui la merce viene esposta. Non è solo un mercato, ma un microcosmo in cui rivive la storia di Palermo, con le sue contaminazioni arabe, spagnole e mediterranee, e dove il cibo diventa racconto e identità.

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15) Monte Pellegrino e Santuario di Santa Rosalia

Monte Pellegrino, il “promontorio sacro” di Palermo, si innalza con i suoi 606 metri sul livello del mare, chiudendo a nord il golfo della città. La sua imponente mole calcarea domina la Conca d’Oro e affascina da secoli viaggiatori e artisti: Goethe, nel suo celebre viaggio in Sicilia, lo definì “il più bel promontorio del mondo”. La montagna, scelta nei secoli da eremiti e monaci come luogo di ritiro spirituale, custodisce tesori di natura e storia. Tra i suoi 134 anfratti e cavità carsiche spiccano le Grotte dell’Addaura, famose per i graffiti del Paleolitico superiore, straordinaria testimonianza della vita preistorica nell’isola. Oggi Monte Pellegrino è parte della Riserva Naturale Orientata, meta prediletta per escursionisti e pellegrini. Dai suoi belvederi si apre un panorama mozzafiato: da Mondello con la sua spiaggia dorata, fino al cuore pulsante di Palermo. A rendere il monte ancora più simbolico è il Santuario di Santa Rosalia, patrona della città. Arroccato a 429 metri, quasi incastonato nella roccia, il santuario risale al XVII secolo ed è meta di devozione e di cammino. Ogni anno migliaia di fedeli salgono lungo la scalinata che conduce alla grotta sacra, dove riposano le reliquie della “Santuzza”. Dal 2018 il complesso ospita anche le Stanze del Tesoro, un piccolo museo che conserva oggetti storici, artistici e religiosi legati al culto della santa. A vegliare dall’alto, si riconosce anche il profilo elegante del Castello Utveggio, edificio rosato costruito come hotel panoramico e oggi punto di riferimento visibile da tutta la città. Monte Pellegrino non è soltanto natura e spiritualità: è il cuore simbolico di Palermo, luogo in cui storia, fede e paesaggio si fondono in un’unica, indimenticabile immagine.

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16) Castello di Caccamo

Il Castello di Caccamo è tra le più grandiose e meglio conservate fortezze normanne di tutta la Sicilia e d’Italia. Sorge a 513 metri sul livello del mare, sulla cima di un massiccio sperone roccioso alle pendici di Monte Rotondo, dominando dall’alto la valle del fiume San Leonardo e l’ampia distesa del lago artificiale Rosamarina, dalle acque verde smeraldo. Ai piedi della rocca si sviluppa il borgo di Caccamo, tra i più suggestivi della Sicilia, un intreccio di vicoli medievali e case in pietra, impreziosito da chiese barocche e palazzi nobiliari, sovrastato dalla mole possente del castello. Nei fondali del lago si conserva ancora un tesoro nascosto: il ponte Chiaramontano, costruito – come ricorda un’antica lapide – nel 1307 da Manfredi I Chiaramonte e dedicato alla Vergine. La fortezza, passata alla nobile famiglia dei Chiaramonte dal 1302 al 1392, venne ampliata e resa inespugnabile, tanto da resistere agli assalti aragonesi. Successivamente Giacomo De Prades ne ordinò ulteriori lavori, dotandola di torri, scuderie e sontuosi saloni, tra cui l’aula per le udienze e la grande sala delle armi. Nel Quattrocento il castello raggiunse il suo massimo splendore: fu allora che Giovanni Alfonso Henriquez, viceré di Sicilia, donò a Caccamo il suo stemma – una testa di cavallo sormontata dal Triscele – che ancora oggi rappresenta la città. Dopo i secoli della grandeur, giunse il declino, segnato anche dal terremoto del 1923 che ne compromise parte delle strutture. Ma la storia del castello si intreccia anche con la leggenda. Si narra infatti che tra le sue mura vaghi lo spirito di una giovane fanciulla, figlia di un signore locale, rinchiusa in convento dal padre per impedirle di amare un soldato. Morì di dolore, ma nelle notti di luna piena appare ancora, vestita di bianco, con una melagrana stretta tra le mani. Chi riuscirà a mangiarla senza disperdere neppure un chicco, secondo la tradizione, otterrà un immenso tesoro; chi invece fallirà sarà condannato a vagare accanto a lei per l’eternità. Il Castello di Caccamo non è soltanto una roccaforte: è un luogo che conserva intatta la memoria della Sicilia medievale, sospeso tra storia e leggenda.

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17) Ville Storiche di Bagheria

Bagheria, la “Città delle Ville”, è il più popoloso comune della provincia dopo Palermo e si affaccia con il suo territorio sul mare Tirreno, tra il golfo di Palermo e quello di Termini Imerese. Alle sue spalle si ergono i monti Consona e Giancaldo, mentre lungo la costa si distende la pittoresca frazione marinara di Aspra, celebre per la tradizione legata alla pesca e alla lavorazione delle acciughe. Il volto che ha reso Bagheria famosa nel mondo è però quello delle sue ville settecentesche, sontuose dimore nobiliari che valsero alla città l’appellativo di “Città delle Ville”. Circa venti se ne contano, costruite tra Seicento e Settecento come residenze di villeggiatura dell’aristocrazia palermitana, desiderosa di allontanarsi dal clima severo della capitale e godere dei paesaggi della costa. Villa Valguarnera, con il suo impianto scenografico, e Villa Palagonia, celebre per le enigmatiche statue mostruose che ornano il suo perimetro, sono esempi di un’architettura fortemente simbolica. Non pochi studiosi hanno intravisto nei loro progetti rimandi alla filosofia alchemica, con riferimenti alla trasmutazione e all’Opera, raffigurata perfino nei tracciati dei viali e nelle decorazioni. Molte delle ville sono oggi in parte abbandonate, altre sono state restaurate e aperte al pubblico, divenendo tappe imperdibili per chi voglia conoscere l’arte e la storia della Sicilia del Settecento. Passeggiare tra queste dimore significa entrare in un mondo sospeso, fatto di giardini ombrosi, scalinate scenografiche e saloni affrescati che hanno ispirato scrittori e viaggiatori di ogni tempo. Bagheria non è soltanto un museo a cielo aperto: è anche una città viva, che conserva il legame con le proprie radici marinare e contadine, e che ha dato i natali ad artisti e registi come Renato Guttuso e Giuseppe Tornatore, quest’ultimo autore del celebre film Baarìa, dichiarazione d’amore alla sua città.

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18) Catacombe dei Cappuccini

Il convento dei Cappuccini di Palermo, situato nel quartiere Cuba e annesso alla Chiesa di Santa Maria della Pace, affonda le sue origini nel XVI secolo, eretto su strutture preesistenti. Ma ciò che rende celebre questo luogo in tutto il mondo sono i suoi sotterranei, dove si trovano le famose Catacombe dei Cappuccini, in realtà un vasto cimitero e non catacombe paleocristiane. Fin dai secoli passati furono meta di viaggiatori illustri, tappa obbligata del Grand Tour – tra cui Guy de Maupassant – attratti dalla singolare commistione di storia, fede e mistero che ancora oggi affascina migliaia di visitatori. Le gallerie, scavate alla fine del Cinquecento in stile gotico, con volte a crociera costolonate e coperture ogivali, formano un reticolato sepolcrale di forma rettangolare. Qui riposano circa ottomila corpi, mai inventariati con precisione, ma disposti secondo un rigoroso ordine: uomini, donne, religiosi, militari, notabili e perfino giovani spose mai giunte all’altare. Le mummie, vestite con gli abiti “della domenica” o con le uniformi di gala, sono collocate in piedi o adagiate, quasi a restituire un frammento della vita terrena che un tempo fu loro. Non mancano i bambini, raccolti in piccoli gruppi, a testimoniare un rito funebre che rifletteva la società e le sue distinzioni. Il primo a essere accolto in questo luogo fu frate Silvestro da Gubbio, il 16 ottobre 1599: la sua salma, ancora oggi, accoglie i visitatori all’ingresso. Il metodo di conservazione seguito dai frati prevedeva una lunga fase di essiccazione: i corpi, privati degli organi interni, venivano posti a scolare per mesi sopra graticci di terracotta, poi lavati con aceto, riempiti di paglia e rivestiti con i propri abiti. In tempi di epidemia, il procedimento si accelerava con bagni di calce o arsenico. Tra le salme più note vi è quella di Antonino Prestigiacomo, contadino palermitano morto nel 1844, imbalsamato con un metodo endovascolare a base di arsenico. Ma il simbolo indiscusso delle Catacombe rimane la piccola Rosalia Lombardo, morta a soli due anni nel 1920 e custodita in una bara di cristallo: il suo corpo, perfettamente conservato, appare come se fosse addormentata, tanto da essere chiamata “la bella addormentata di Palermo”. Il percorso tra i corridoi, silenzioso e surreale, colpisce e commuove al tempo stesso. Non è solo una testimonianza delle pratiche funerarie dei secoli passati, ma anche un viaggio nella memoria collettiva di Palermo, che in questo luogo conserva un frammento indelebile della propria storia, sospeso tra fede, scienza e leggenda.

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19) Castello della Zisa

Il Palazzo della Zisa, il cui nome deriva dall’arabo al-ʿAzīza – “la Splendida” – sorge poco oltre le antiche mura di Palermo, immerso un tempo nel fastoso parco reale normanno del Genoardo (Jannat al-arḍ, “il paradiso della terra”). Questo vasto giardino, popolato di padiglioni, bacini d’acqua e rigogliosi frutteti, si estendeva da Altofonte fino al cuore della città, offrendo alla corte un rifugio di svago e magnificenza.La costruzione del palazzo fu iniziata sotto il regno di Guglielmo I e completata intorno al 1167 dal figlio Guglielmo II, che lo elesse a residenza estiva preferita. Nei secoli, la Zisa subì numerosi rimaneggiamenti: tra i più significativi quello del 1635, quando l’edificio venne arricchito da elementi barocchi su progetto di Giovanni Sandoval, che ne modificò in parte l’assetto originario pur mantenendo intatto il suo fascino mediorientale. All’esterno, la Zisa appare come un solido e armonioso blocco cristallino, suddiviso in tre ordini orizzontali corrispondenti ai piani dell’edificio. La facciata principale si apre su un ampio vestibolo, la celebre Sala della Fontana, cuore architettonico e simbolico del palazzo. Qui, tra colonne che sorreggono archi trilobati di gusto islamico, l’acqua scorreva da una fontana collocata sul fondo, attraversando il pavimento in un raffinato gioco di canalette e vasche ottagonali. Un sistema che, oltre a incantare gli ospiti, contribuiva a rinfrescare gli ambienti nelle torride estati siciliane. A impreziosire la sala vi sono marmi finemente intarsiati e un fregio musivo a motivi naturalistici, che raccontano la raffinata fusione tra cultura araba e normanna. Sull’arco d’ingresso spicca un affresco barocco, noto come i “diavoli della Zisa”: figure enigmatiche che, secondo la leggenda, non si riesce mai a contare con precisione, poiché la loro disposizione sembra mutare a ogni sguardo. Uno degli aspetti più straordinari del palazzo è l’ingegnoso sistema di ventilazione, realizzato attraverso camini e condotti d’aria che assicuravano un costante refrigerio, testimoniando l’avanzata conoscenza tecnica e il gusto per il comfort della corte normanna. Oggi la Zisa ospita il Museo d’Arte Islamica, che conserva reperti provenienti dall’area mediterranea: ceramiche, sculture, manufatti e iscrizioni che rievocano il dialogo tra culture e civiltà diverse, di cui Palermo fu crocevia privilegiato. Il Palazzo della Zisa non è solo un monumento: è la memoria viva di un’epoca in cui la Sicilia era ponte tra Oriente e Occidente, terra di armonie architettoniche e di simboli che ancora oggi parlano al visitatore con la voce della sua storia millenaria.

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20) Foro Italico

Il Foro Italico di Palermo, conosciuto un tempo come Passeggiata della Marina, è una grande area verde che si distende sul lungomare della città, nel cuore della Kalsa, abbracciando lo spazio che va dalla Cala a Villa Giulia. Luogo di memorie storiche e trasformazioni urbane, è oggi una delle cornici più suggestive e amate dai palermitani e dai visitatori. Fu il viceré Marco Antonio Colonna a volerne la realizzazione nel 1582, trasformando quel tratto di costa in un ampio spazio aperto alla città. Nei secoli successivi il Foro subì ampliamenti e abbellimenti, in particolare nel 1734, quando venne reso più scenografico e raffinato, divenendo il salotto all’aperto della nobiltà e il luogo di svago prediletto dei cittadini. Durante il dominio borbonico era noto come Foro Borbonico; solo dopo i moti rivoluzionari del 1848 il Parlamento Siciliano gli attribuì l’attuale nome di Foro Italico, simbolo di un’identità che cambiava insieme alla storia della città. Con l’assassinio di re Umberto I, all’inizio del Novecento, l’area fu ribattezzata anche in suo onore, ma nel linguaggio quotidiano il nome “Foro Italico” non cessò mai di vivere. Le distruzioni della Seconda guerra mondiale segnarono profondamente questo luogo: per anni rimase abbandonato, un’area spoglia che sembrava aver smarrito la sua vocazione di luogo d’incontro. Soltanto alla fine degli anni ’90, grazie a un progetto di riqualificazione urbana, il Foro fu restituito alla città, riconquistando la sua bellezza costiera e il ruolo di grande giardino sul mare. Oggi il Foro Italico unisce storia e modernità, tradizione e design contemporaneo. I dissuasori ideati dall’architetto Italo Rota, che separano il prato dalla pista ciclabile, sono ispirati al profilo del busto quattrocentesco di Eleonora d’Aragona scolpito da Francesco Laurana, custodito a Palazzo Abatellis: colorati, luminosi, quasi giocosi, trasformano un elemento funzionale in un arredo urbano ricco di simboli. Accanto ad essi, originali panchine-divano invitano a sostare di fronte al mare, creando piccole “stanze” all’aperto, mentre i totem decorativi, con maschere e motivi che richiamano la cultura marinara, punteggiano il percorso come segni di un dialogo tra arte e paesaggio. Il Foro Italico è oggi uno spazio di vita, incontro e contemplazione, dove la città si apre al mare in un abbraccio che unisce passato e presente, memoria storica e creatività contemporanea.

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21) Teatro Politeama

Il Teatro Politeama Garibaldi, meglio conosciuto come Politeama, è uno dei simboli di Palermo e sorge in piazza Ruggero Settimo, al termine di viale della Libertà. Considerato il vero “cuore” della città, ospita oggi l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Progettato dall’architetto Giuseppe Damiani Almeyda, fu pensato come un “teatro del popolo”, accessibile e monumentale al tempo stesso. La sua architettura si ispira ai modelli dell’antichità: l’impianto circolare richiama il Pantheon romano, mentre la facciata rievoca l’anfiteatro, con un doppio ordine scandito da archi e trabeazioni in stile pompeiano. L’ampia sala interna, a ferro di cavallo, poteva accogliere fino a cinquemila spettatori, con due file di palchi sovrastate da una grande galleria. L’ingresso principale è un vero capolavoro scenografico: un arco di trionfo sormontato dalla maestosa quadriga bronzea di Apollo che guida i cavalli della Vittoria, opera di Mario Rutelli. Ai lati, due poderosi cavalli bronzei realizzati da Benedetto Civiletti completano l’imponente prospetto. Ancora oggi, il Politeama non è solo un teatro ma un luogo identitario della città, che con la sua eleganza e imponenza continua a rappresentare il legame profondo tra Palermo e la sua vocazione artistica.

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22) Sferracavallo

Sferracavallo, pittoresca borgata marinara di Palermo, si adagia ai piedi di Capo Gallo, là dove il mare incontra le montagne e il tempo sembra scorrere più lento. Parte del suo territorio rientra nella Riserva Naturale Orientata di Capo Gallo, mentre le acque limpide che la bagnano sono tutelate dall’Area Marina Protetta Capo Gallo – Isola delle Femmine, scrigno di biodiversità e bellezze sommerse. Il suo nome, curioso e antico, sembra derivare dalle asperità della strada che un tempo “facevano sferrare i cavalli”, memoria conservata anche negli scritti del marchese di Villabianca. Oggi il borgo si raccoglie attorno al piccolo porto e alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano, patroni dei pescatori, la cui festa, a settembre, riempie le vie di devozione e folklore. La storia di Sferracavallo è lunga e affascinante: le sue grotte raccontano di un passato remoto, con resti di ippopotami ed elefanti ritrovati nella Grotta dell’Impiccato, e reperti di ceramiche antichissime custoditi nella Grotta del Pecoraro e nella Grotta Conza, ai piedi del Monte Billiemi. Nei secoli successivi, due torri costiere del XV e XVI secolo vegliarono sul borgo, proteggendolo dalle incursioni dei pirati. Oggi Sferracavallo è amata dai palermitani e dai visitatori per la sua anima autentica: un luogo dove il profumo del mare si mescola a quello del pesce fresco servito nei tanti ristoranti della borgata. E dove la splendida spiaggia di Barcarello, con il suo mare cristallino, regala giornate di sole e relax in uno degli angoli più suggestivi della costa palermitana.

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23) Museo Archeologico Regionale – Antonino Salinas

Nel cuore di Palermo, all’interno dell’ex convento dei Padri Filippini all’Olivella, sorge il Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas”, una delle istituzioni culturali più prestigiose della Sicilia. Le sue sale custodiscono una delle collezioni archeologiche più ricche d’Italia, capace di raccontare la storia dell’isola dall’età preistorica al medioevo, attraverso reperti unici che testimoniano il passaggio e l’incontro di popoli diversi: fenici, punici, greci, romani, bizantini, senza dimenticare suggestivi manufatti provenienti dal mondo etrusco ed egizio. Tra i tesori più celebri vi è la Pietra di Palermo, eccezionale cronaca incisa dell’Antico Regno egiziano, documento di inestimabile valore che collega l’isola a civiltà lontane. Accanto a questa, spiccano i reperti provenienti dagli scavi subacquei: anfore, ancore, ceppi di piombo, lucerne e iscrizioni che riportano alla luce le rotte commerciali mediterranee percorse dai Punici e dai Romani. Fondato nel 1814 come Museo Nazionale, dal 1977 è divenuto Museo Regionale e porta il nome di Antonino Salinas, archeologo e numismatico palermitano che lo diresse per oltre quarant’anni, contribuendo a renderlo un punto di riferimento internazionale. Al secondo piano si trovano le testimonianze delle culture preistoriche, con reperti provenienti dalle grotte del territorio palermitano e dalle isole minori, come Levanzo, riallestite grazie al lavoro del compianto Sebastiano Tusa. Le collezioni del museo non derivano solo dagli scavi, ma anche da acquisizioni e donazioni private che, nei secoli, hanno arricchito il patrimonio espositivo, creando un itinerario che attraversa i millenni e che fa del Salinas un luogo privilegiato per comprendere la lunga e complessa storia della Sicilia.

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Foto di @gspata

24) Piana degli Albanesi

Adagiata tra le montagne a ovest di Palermo, Piana degli Albanesi si presenta come un luogo unico, custode di una storia affascinante e di una tradizione culturale che affonda le radici nel cuore dei Balcani. Fondata nel XV secolo da profughi albanesi in fuga dall’avanzata ottomana, la cittadina è oggi il centro più importante della comunità arbëreshe in Sicilia. Passeggiando tra le sue strade, si percepisce ancora la forza di un’identità che nei secoli non si è mai dispersa: la lingua albanese continua a vivere nella quotidianità degli abitanti, mentre il rito bizantino si riflette nelle architetture e nelle atmosfere delle chiese. Tra queste spiccano la Chiesa di San Demetrio, di rito greco e risalente alla fine del Cinquecento, e la suggestiva Chiesa di San Giorgio Megalomartire, la più antica della città, che conserva intatta la sua bellezza solenne. Il legame con le radici è celebrato soprattutto durante la Pasqua, quando la comunità si raccoglie in intensi riti bizantini, arricchiti dalla partecipazione degli abitanti in splendidi costumi tradizionali albanesi. È una delle feste più spettacolari e sentite della Sicilia, capace di attrarre visitatori da ogni parte dell’isola e oltre, regalando un’esperienza che intreccia fede, identità e tradizione. Ma Piana degli Albanesi è anche terra di sapori autentici: qui nascono un olio d’oliva pregiato, formaggi di qualità e soprattutto la rinomata ricotta fresca, ingrediente principe dei cannoli considerati tra i più buoni di tutta la regione. Un patrimonio gastronomico che racconta, al pari delle chiese e delle feste, l’anima profonda di questa comunità. A completare il quadro, il grande lago artificiale, specchio d’acqua che abbraccia la cittadina e ne riflette i profili montani, è meta prediletta per chi ama il trekking e le passeggiate all’aria aperta. Un paesaggio che unisce natura e memoria, offrendo al viaggiatore un’esperienza che è insieme scoperta culturale e incontro con una Sicilia inedita, ricca di fascino e autenticità.

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Foto di @alessandrovella

25) Palazzo Abatellis

Nel cuore della Kalsa, lungo via Alloro, si trova Palazzo Abatellis, una delle dimore tardo-medievali meglio conservate di Palermo. Costruito alla fine del Quattrocento in stile gotico-catalano, presenta una pianta rettangolare con un ampio cortile porticato, loggiati eleganti e due torri merlate che incorniciano il monumentale portale d’ingresso. Dal 1953 ospita la Galleria Regionale della Sicilia, che raccoglie importanti opere d’arte dal Medioevo al Seicento. Qui si trovano capolavori di artisti come Antonello da Messina, Francesco Laurana, Antonello Gagini, Van Dyck, Bronzino e Vasari, allestiti con un percorso museale progettato da Carlo Scarpa, considerato un gioiello della museografia del Novecento. Fra i tesori più celebri spiccano l’Annunziata di Antonello da Messina, il delicato busto di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana e lo straordinario affresco del Trionfo della Morte, simbolo potente e inquieto dell’arte medievale. Oggi Palazzo Abatellis è non solo una splendida testimonianza architettonica, ma anche un luogo in cui arte e memoria si intrecciano, regalando ai visitatori un viaggio unico nella cultura figurativa siciliana.

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Foto di @sebastianfischer

26) Palazzo della Cuba

La Cuba, conosciuta anche come Palazzo della Cuba, è uno dei gioielli dell’architettura arabo-normanna di Palermo. Sorge nel quartiere Cuba-Calatafimi e un tempo faceva parte del vasto Genoardo, il “paradiso in terra” voluto dai re normanni come luogo di delizie, immerso in giardini rigogliosi e acque fresche. Costruita nel 1180 per volere di Guglielmo II, la Cuba era un padiglione destinato ai momenti di svago e di riposo della corte, pensato per godere del clima e della natura circostante. Il nome deriva dall’arabo Qubba, ovvero “cupola”, e la sua struttura, semplice ed elegante, racconta ancora oggi la sapienza architettonica di quel tempo. L’edificio, a pianta rettangolare, è scandito da quattro corpi a torre che ne arricchiscono i lati, mentre all’interno si sviluppano tre ambienti comunicanti. Al centro della sala principale si trovava una fontana in marmo, simbolo e cuore della vita del palazzo, che serviva a rinfrescare e a rendere più piacevoli le giornate estive. La decorazione delle sale era arricchita da raffinate muqarnas, tipici elementi ornamentali arabi a forma di cupola sfaccettata. Ma la Cuba non è solo architettura: è anche luogo di memoria letteraria. Giovanni Boccaccio, affascinato dal fascino di Palermo e dai suoi parchi, scelse proprio questo padiglione come scenario di una novella del Decameron, quella che narra l’amore tra Gian di Procida e la bellissima Restituta, rapita e offerta in dono al re Federico III d’Aragona. Oggi, passeggiando tra le sue mura sobrie e monumentali, si percepisce ancora l’atmosfera di un’epoca in cui Palermo era definita “felicissima”, una città che univa culture, arti e saperi, e che nelle sue dimore di delizie celebrava la bellezza e l’armonia tra uomo e natura.

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